6 Febbraio 2022, manifestazione “Il Lavoro non si tocca” - Comune di Casola Valsenio

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6 Febbraio 2022, manifestazione “Il Lavoro non si tocca”

 

 

IL LAVORO NON SI TOCCA

Compaesane, compaesani, lavoratrici, lavoratori, amici,

Oggi siamo qui perché nei primi anni ’80, con grande lungimiranza, l’amministrazione comunale comprese che Casola avrebbe potuto sopravvivere allo spopolamento delle campagne e all’emorragia demografica verso la “bassa” solo portando a Casola ciò che la “bassa” offriva, il lavoro.

Senza quella lungimiranza, che rese possibile l’insediamento nella nuova zona industriale di due importanti aziende multinazionali, a quarant’anni di distanza, oggi qui in piazza non ci sarebbe nessuno.

Non ci sarebbe nessuno perché senza opportunità di reddito, una comunità perde da subito chi deve costruirsi una vita poco dopo perde i servizi, poi perde i suoi anziani e alla fine il suo territorio. Senza vitalità, senza custodia, il territorio è lasciato all’abbandono e nell’abbandono non rimane più nessuno a tutelare territorio ed ambiente.

E’ questo che ci spaventa di più. Ci terrorizza l’idea che il nostro ambiente, la nostra valle, tra le più belle di questo versante appenninico, e il nostro paese, possano cadere vittima di quell’abbandono che già negli anni ’60 dimezzò la popolazione di Casola a causa dello spopolamento delle campagne.

 

Oggi ci porta qui in piazza la contrapposizione ad una iniziativa di tutela ambientale traviata e distorta, un’idea che non ha nulla a che vedere con il vero rispetto dell’ambiente in cui una comunità vive e fa vivere il territorio che la circonda.

Ci portano in piazza argomentazioni spesso prive di fondamento con le quali alcuni sostengono di voler tutelare il nostro territorio.

Siamo in piazza perché non riusciamo a capire come possano sposarsi le parole tutela e abbandono.

Fino ad oggi abbiamo sopportato, poche voci, le solite, arroccate su una distorta e faziosa difesa del territorio della Vena del Gesso, ma di

fronte a questa enfasi eccessiva, quasi fanatica, riteniamo di non poter più tollerare chi, non è chiaro per quali finalità, intenda attaccare, e far morire il nostro territorio, l’ambiente.

Lo ripetiamo, con l’abbandono non c’è tutela dell’ambiente.

 

Ed in tutta questa messa in scena il protagonista, il mostro, perché un mostro va sempre portato in scena, è la cava di Monte Tondo. Un mostro che nel copione sarà in grado di divorare e distruggere l’intera Vena del Gesso, di stritolare i sistemi carsici, di cancellare interi ecosistemi.

Peccato che il mostro, la Cava di Monte Tondo, intesa come superficie della proprietà, rappresenti solo l’1% se comparato al territorio del Parco della Vena del Gesso del quale non fa parte; un vero e proprio topolino contro la montagna. Se anche nei prossimi decenni il mostro divorasse la sua intera superficie il 99% del patrimonio e il 100% del Parco resterebbe intatto.

E’ fuori discussione che l’estrazione di gesso dalla Cava di Monte Tondo abbia avuto, soprattutto negli anni degli scavi in galleria, un importante impatto sulla morfologia della montagna, ma è stato nei primi trenta anni di attività, quando la cava era di proprietà dell’ANIC e quando si estraevano volumi annui di gesso quasi 10 volte superiori agli attuali. Non si scava più in galleria da oltre trenta anni, ma è chiaro che nessuna chiusura o ripristino potrà porre rimedio alle altrui leggerezze di allora.

 

La coltivazione della cava oggi è rispettosa dell’equilibrio tra attività estrattiva e ambiente, lo dimostrano le foto, lo dimostrano i cambiamenti negli ultimi venti anni, dimostrano come l’area di cava sia stata rinverdita e soprattutto fanno capire quanto poco hanno influito gli ultimi due decenni di estrazione.

Ci sembra quindi che il mostro sia stato decisamente incattivito dalla sceneggiatura di qualcuno.

Ma attenzione a non sottovalutare il vero mostro. Quello che potrebbe trasformare una cava chiusa, non presidiata ed incustodita in un luogo pericoloso per le persone e l’ambiente.

Pur se la cava non c’entra con la candidatura Unesco della Vena del Gesso, non vediamo comunque bene un sito patrimonio dell’umanità con a fianco una cava in abbandono.

A proposito di siti con valenza turistica e storica, Monte Tondo è una straordinaria testimonianza di quello che è il materiale da costruzione più antico ed utilizzato dall’uomo. La cava, se in attività, potrebbe diventare anche una importante risorsa turistica.

 

Lo testimonia lo stupore di chi ha avuto occasione di visitarla nel corso di numerose iniziative. Pensiamo alla presentazione di uno dei libri di Cristiano Cavina o al grande successo del Rally di Romagna.

Non ultimo, non va dimenticato quanto il gesso sia parte delle nostre più sentite tradizioni, pensate al legame tra il gesso e la Festa di Primavera,

Quindi riteniamo che chiudere la cava di Monte Tondo possa essere un errore anche se la stessa non fosse una fondamentale risorsa per la vita di tutto il territorio.

Lo dicevamo sopra, senza l’economia indotta dal gesso, oggi non saremmo qui. Oltre cento giovani famiglie avrebbero lasciato Casola molto tempo fa per lavorare a Faenza, a Imola. Casola probabilmente non avrebbe già più le scuole, una palestra, una piscina e forse non avrebbe potuto permettersi neanche più un centro anziani.

Oggi, complice la pandemia, chi vive in città sta cercando la quieta e la bellezza di piccoli centri abitati come il nostro paese, ma per farlo ha bisogno di garanzie occupazionali, ha bisogno di trovare i servizi necessari ai propri figli e alla propria vecchiaia. Ma senza una solida economia basata sul lavoro, sul reddito, Casola non sarà una opzione.

 

E non ci sono opzioni se la cava di Monte Tondo dovesse cessare le sue attività. Non esistono opzioni per una attività industriale che ha senso a Casola solo perché a Casola c’è la materia prima fondamentale per il suo processo produttivo.

Con la chiusura della Cava di Monte Tondo, polo unico estrattivo per il gesso, la Regione Emilia Romagna direbbe addio ad una filiera che

rappresenta il presente ma soprattutto il futuro dei materiali da costruzione sostenibili ed eco compatibili.

E siccome non possiamo fare a meno di tali materiali, la chiusura di Monte Tondo sposterebbe comunque l’impatto dell’estrazione verso qualche altra regione, ben contenta di accogliere aziende che generano occupazione con una produzione ecologica, sostenibile e pronta per il nostro abitare futuro.

Siamo qui in piazza per difendere l’ambiente ed il nostro territorio, noi lo vogliamo davvero, lo vogliamo per tutti, per i nostri figli e nipoti, vogliamo che possano vivere questa meravigliosa valle.

 

Per chi non lo ha ancora capito, l’ambiente di difende seriamente solo se non lo si abbandona e per non abbandonarlo serve il lavoro.

 

Vorremmo ringraziarvi tutti in questa piazza: le nostre famiglie, i nostri colleghi vicini e lontani che per motivi logistici non possono essere qui accanto a noi fisicamente oggi, i colleghi ed RSU dello stabilimento di Termoli che sono arrivati qui e che oggi si faranno 900 km per testimoniare la loro vicinanza, gli ex-colleghi, i nostri amici, i commercianti e tutti coloro che in qualsiasi forma ci stanno dimostrando il loro sostegno e che hanno voluto partecipare a questa manifestazione perché condividono con noi la volontà di tutelare questa comunità, una comunità fatta di famiglie che hanno sempre creduto di trovare in questo paese tutto ciò di cui hanno bisogno.

E’ bello vedervi tutti qui, sembra un grande abbraccio dal quale si riceve e si da forza, l’uno per l’altro.

Ci fa bene… e credo faccia bene anche nostre amministrazioni vedere questa coesione.

Servirà a ricordare alle amministrazioni , alla Provincia e alla Regione, chiamate a decidere su una questione così delicata, che quando parlano di Monte Tondo non parlano solo di tonnellate di materiale da estrarre o metri di confine, ma parlano anche di operai, impiegati, famiglie, amici… una comunità che ha una voce e che chiede di essere ascoltata.

 

GRAZIE

GRAZIE A TUTTI

GRAZIE DAVVERO DI CUORE